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'Io stesso sono un anarchico ma di un tipo diverso'

Mahatma Gandhi

mercoledì 2 luglio 2008

Picasso ad Avignone


E' passato tantissimo tempo, ma ricordo benissimo quel pomeriggio assolato di fine gennaio. Non sembrava inverno, ma un anticipo della primavera. Era stata allestita una mostra di quadri e disegni di Picasso in una residenza storica della cittadina, che fu sede pontificia, per un certo periodo, durante le lotte intestine del papato.

Ero in compagnia di un amico, che tuttora si diletta a scrivere: lì per lì, in una pausa della preparazione degli esami, decidemmo di fare una scorrazzata in costa azzurra, bella tutto l'anno per i turisti, ma già trasformata dall'architettura d'assalto per contornare spiagge e coste di residence e porticcioli per la nautica da diporto: prefigurava, con un decennio di anticipo, quella che sarebbe divenuta la rapallizzazione della vicina riviera ligure.

Colpa della burocrazia nostrana, ma almeno un po' di spazio naturale, per qualche anno ancora, sarebbe rimasto intatto.

Non erano molte le opere esposte, ma si notavano per la loro robusta identità.

Il pittore aveva una prepotente personalità, un gusto forte per la vita, l'amore, la passione, tutti i lati più avvincenti dell'esistenza.

Si diceva che, trascorresse la mattinata, nella dimora della notorietà acquisita, in boxer, a bere caffè e fumare gauloise, mentre maneggiava i pennelli o raccoglieva l'ispirazione per creare.
Chissà se era vero. Ma intanto la leggenda galoppava.
Il grande artista, impegnato in tutti i campi della vita civile culturale, era citato dappertutto, osannato e corteggiato come un Adone, anche se in realtà ricordava un fauno dell'antichità.
Si può dire fosse ancora all'apice della fama, quando raggiungemmo Avignone: eppure nonostante la giornata domenicale non incontrammo molti visitatori. Singoli o coppie che si avvicendavano, ma senza eccessivo entusiamo o manifestazioni evidenti di apprezzamento. Forse come accade per quanti sono troppo osannati, si stava creando un circuito di autodifesa critica da parte del pubblico, una reazione ad un surplus d'informazioni e di elogi.

Capita a chi viene incoronato genio in vita.
L'alloro in testa comincia a traballare finché rischia di cadere tra lo scetticismo o l'indifferenza.

Oggi non so se possa rappresentare un idolo.
Né conosco in quale posto di rilievo, nella pittura di tutti i tempi, le sue creazioni possano essere collocate.

Nonostante tutto, però, in quell'occasione, rimasi colpito anch'io, come appuntava diligentemente nel suo taccuino il mio compagno di viaggio, " dai colori, dalle linee forti, marcate, che sembravano tagliare la tela e proiettarsi fuori delle sale del museo: per le strade, le piazze, i mercati, sul mare non molto lontano. Il mediterraneo era lì
pronto ad accogliere un caleidoscopio d'immagini e forme variopinte, incancellabili dalla memoria. Dietro di loro s'intravvedeva un uomo, piccolo e vitalissimo, dagli occhi fiammeggianti, che danzava instancabilmente sulle onde.
Anzi, roteava come un matador, pronto a colpire inesorabilmente il toro dell'imaginazione.Picasso incarna l'anima universale della Spagna, quasi come Goya o Velasquez, certamente cercava di rappresentare il volto moderno ed enigmatico del suo paese, privo ormai di precisi punti di riferimento ed avvolto in mille contraddizioni."

Quella della cittadina francese fu un'ottima scelta.

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