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'Io stesso sono un anarchico ma di un tipo diverso'

Mahatma Gandhi

sabato 28 giugno 2008

Mamma ha fatto gli gnocchi!


Ridete, ridete. Sollazzatevi alla lettura delle intercettazioni pubblicate da L'Espresso .

Ma ancora di più, ne vedremo di belle nei prossimi giorni e settimane.

Il divertimento, pare, sarà assicurato dalla rivelazione di colloqui privati del premier con altri interlocutori, o forse con lo stesso ineffabile Agostino Saccà, aventi come oggetto principale, nientedimeno che le donne, di tutti i tipi e di tutte le fattezze.

Preferiamo non ripetere il termine goliardico che alcuni giornalisti indicano quale argomento delle inutili conversazioni intercettate e pubblicate.

Ci affidiamo allusivamente ad un vecchio detto che fa riferimento al piatto di gnocchi come segno di festa in famiglia, piuttosto che ricadere nel solito vizio italiano di richiamare, ad ogni pie' sospinto, faccende di sesso, tanto più citato quanto meno praticato.

Però, lasciamo la parte ogni altra considerazione legata al gossip, prima materia di studio in Italia per studenti e professori, e doliamoci di quello che sta avvenendo nel nostro paese.

C'è un nuovo governo che sembra abbia intenzione di fare qualcosa di serio in materia economica e sociale, mentre il governatore della Banca d'Italia lamenta gravemente il peggiorare della situazione, in campo nazionale, per i redditi della maggior parte dei cittadini, già vessati da tasse ingiuste e sprechi da ripianare a cura dei contribuenti.

E c'è un settimanale dalla grande storia passata, che fu valido innovatore del costume e delle libertà civili, quando ancora era diretto da Arrigo Benedetti, e che ora fa concorrenza alle numerose pubblicazioni patinate, le quali dedicano la loro attenzione a corna, avventure, esibizioni volgari di corpi ed anime perse, maldicenze e pettegolezzi di ogni tipo.

Non abbiamo molta considerazione per la maggior parte di giornali e giornalisti, i quali, in fondo, rispecchiano la povera realtà di una comunità civile allo sbando, dove conta di più avere una figlia velina che ingegnere, o semplice casalinga in grado di governare marito, casa e prole.

Si chiedono i signori de L'Espresso se da servizi d'informazione di tal genere, alla fine, la figura meschina non sia del Presidente del Consiglio e della sua corte, ma di tutti noi, ed in particolare di ogni persona attenta al decoro proprio e della nazione ?

A sentir parlare di "pelo di donna" da una resocontista ritenuta affidabile fino ad oggi, vengono i brividi ed un moto di repulsione irrefrenabile ci fa giurare che non vale la pena di leggere più né quotidiani né rotocalchi, né pensare che gl'italiani possano stare in Europa come cittadini dabbene.

Altro che risate e gnocchi...

martedì 24 giugno 2008

Incantesimo


Non è facile innamorarsi.

Si sa che occorre del tempo per stabilire se si tratta di vero amore o di semplice infatuazione.
Le distinzioni in quest'impervia materia sono d'obbligo.
La realtà è un conto, il virtuale un altro.
Sebbene anche nell'universo telematico non possano escludersi possibilità variegate, che danno luogo ad incontri veri, che confermano le impressioni tratte dallo schermo, non mancano le delusioni e le provvisorie frequentazioni, che si risolvono in una bolla di sapone.
A me è capitato di stringere, tramite il web, vere amicizie.
Ma per innamorarsi anche virtualmente ci vuole ben altro.
Almeno un film, non dico tanto.
La storia interpretata da una bella donna, seducente e persuasiva nell'interpretazione.
Gli sguardi e le movenze giuste. L'atteggiarsi delle labbra.
Sono elementi indispensabili perché l'immaginario venga colpito dal dardo dell'angioletto.

Era dai tempi di Audrey Hepburn, che non provavo qualcosa di simile a quello che ho sentito (sentito, sì) sgorgare dentro di me alla vista del film "Un cuore d'inverno".
Si trattava di un replay televisivo, e di una donna veramente bella in una delle vesti principali, di un'attrice intravista prima di sfuggita, che, nell'occasione, ho potuto ammirare in tutto il suo splendore.

C'è da tener conto che Audrey la conobbi nell'infanzia, in pellicole in bianco e nero.
Emmanuelle Béart, quella a cui mi riferisco nella fattispecie, è molto più giovane ed ha mille colori che incantano.
E' figlia d'arte, ma soprattutto una meravigliosa creatura.

In questa storia improbabile del regista francese Patrice Laconte, viene conquistata da un uomo arido ed algido, incapace di reazioni normalissime in chi avesse gli ormoni, oltre che il cervello ed il cuore, al proprio posto.
Costui si muove come un robot, senz'apprezzare nulla al di fuori del proprio lavoro d'antiquario e di realizzatore di violini di pregevole fattura.
Egli è reificato. S'inserisce nell'oggetto prodotto, fino a farne un involucro per la propria anima.
Ma come si fa a vivere così? Eppure capita.
Lei la Béart, che incarna una dolcissima musicista, colma di sentimenti, idee, fantasie ed ardori non ricambiati, è l'immagine stessa dell'amore: complicato, tormentato, inesauribile fonte di vita e di malinconia, dolore e passione.

Si rimane senza parole davanti ai suoi occhi grandi ed espressivi, al corpo elegante e perfetto nelle sue forme armoniche e sensuali.
Come si fa a rimanere freddi?
Si è al cospetto di un essere pensante, palpitante, il quale meriterebbe ben altra sorte, che non l'indifferenza e l'allontanamento ad opera di questo banalissimo artigiano-antiquario, dallo sguardo un po' ebete, mentre la osserva come se avesse di fronte non una dea, ma la corda spezzata di uno strumento mal riuscito ed inutilizzabile.

La vicenda cinematografica si conclude, com'era prevedibile, amaramente, ma il profumo femminile rimane sospeso nell'aria e soffonde il cuore.
Se non è amore, è innamoramento allo stato puro, nascente, originario, primigenio, selvatico, istintivo.
Forse è solo infatuazione. Probabilmente sì, ma densa di sviluppi insperati in un'epoca lubrica e volgare come quella presente.

Emmanuelle? Peut-etre.

venerdì 20 giugno 2008

Asinocrazia









Ogni tanto mi soffermo a guardare qualche sito o blog gestito da docenti dell'Università. E devo dire che, a parte qualche lodevole eccezione, c'è un triste spettacolo davanti agli occhi di chi mantiene il culto della conoscenza e del sapere, a causa dell'impressione assai poco gradevole, che si trae dagli argomenti trattati e dal modo di esporli.
La sensazione è quella di una sciatteria presso che uniforme e di una banalità così grave da rimanere esterrefatti.

Mi ero illuso, fino a poco tempo fa, che l'ambiente universitario, nonostante le forti immissioni di personaggi ambigui e di traballante competenza, conservasse un ceto insegnante degno di rispetto.

Invece mi accorgo, ad ogni pie' sospinto, che l'asinocrazia ha fatto passi da gigante, conservando del passato solo le bardature retoriche e decadenti e le baronie, per le quali vale sempre la regola della lotta al coltello, favorita dalla lottizzazione partitocratica. Non c'è nemmeno il gusto di sbeffeggiarli questi insegnanti, tanto in basso è caduta la figura, un tempo, aureolata del sapiente per eccellenza.

Una volta, a tirar sberleffi contro un Ugo Papi, emblema del professore satanico e reazionario, arroccato nella torre eburnea del potere cripto-fascista, c'era almeno da cogliere, nel viso del personaggio contestato, un lampo di austera dignità, finita ormai nel nulla dell'anonimìa imbelle, partorita dal sistema livellatore della pseudo- democrazia.
A parte i Piperno, i Negri e non so chi altro sia giunto in cattedra, grazie agli esami collettivi e alle autoproclamazioni dei trenta e lode, si deve però constatare come anche la classe di docenti venuta su con selezioni e concorsi, modulati dalla cooptazione e dal comparaggio, con lo scambio di favori mafiosi, è quanto di più deprimente e narcisistico, presuntuoso e vacuo possa generare il virus della mediocrità e del pressapochismo.

Già alcuni anni fa mi meravigliai della proposta fattami da un rettore di tenere alcune lezioni in una disciplina, che praticavo da tempo e per la quale avevo maturato esperienza professionale specifica. Mi chiesi se ciò sarebbe stato possibile quando ancora i prof erano poco più di semidei pronti ad assidersi nell'olimpo di un qualsivoglia ateneo di provincia. Poi mi dissi che forse alcune materie mancavano d'interscambio tra pratica e dottrina, come invece sarebbe auspicabile per ogni branca dello scibile e di qui l'esigenza dell'interrelazione. Sul momento, ne fui lusingato, ma, dopo, a ben vedere, mi accorsi che tra coloro, che approdavano al ruolo di Preside di facoltà, ve n'erano alcuni già conosciuti come puri e semplici fuoricorso.
Approfondendo le conoscenze e frequentando certi esemplari della fauna universitaria, mi sento deluso e disincantato.
In questo settore, come in tanti altri dell'apparato pubblico, c'è solo una generale clima di disarmo intellettuale, e pare un miracolo incontrare ancora, di tanto in tanto, valide personalità, persone dalla testa lucida e pensante, che meritatamente godono di stima anche all'estero.

Nonostante questo, vale sempre la pena di ricordare l'epoca orgogliosa in cui, senza mezzi né supponenze, impartivano lezioni eminenti ed incoraggiavano le più alte speculazioni pensatori della tempra di Abelardo con il suo scelto e spontaneo seguito di attenti e curiosi clerici vagantes.

martedì 17 giugno 2008

Il talento di Woody



Il recente film del regista americano Woody Allen, dal suggestivo titolo "Match Point", rappresenta il culmine di un'evoluzione artistica, che ha visto il passaggio da tematiche intrise di drammatico pessimismo, temperato o nobilitato da un raffinato sense of humour, alla pura e semplice esaltazione del cinismo.

E' il senso di una lucida disperazione quello che accompagna il cammino di questo talento della macchina da presa, nei cui sguardi si concentra tutto la pena, il sarcasmo, l'aporìa ed il dolore del popolo ebraico.

Basta vederlo mentre suona il clarinetto con aria smarrita, per capire che si tratta di un uomo, tormentato fin dalla nascita potrebbe dirsi, dal dilemma della fede, che attanaglia tutti i membri della sua comunità nell'arco millenario della propria storia.

Uomini condannati a vagare per il mondo come sappiamo, in preda ad un senso di colpa inestirpabile, lacerati tra la speranza del messia e il dubbio nichilista di un'esistenza affidata al caso e alla fortuna... (non quella machiavellica in cui c'è uno spazio riservato al valore del singolo nel determinare in parte almeno gli eventi ed il corso degli avvenimenti storici, ma quella raffigurata nell'immagine della dea bendata, che elargisce i propri doni a chiunque, perfino a chi non li merita).

Il film è dedicato alla casualità considerata ormai l'unica regolatrice della nostra vita.
Il protagonista che aspira, manco a dirlo, ad un'esistenza da ricco a qualsiasi costo, si abbandona alla passione, ma non sa controllarla e tra il sentimento d'amore e l'agiatezza di un matrimonio d'interesse, sceglie quest'ultimo, commettendo un duplice omicidio per liberarsi dell'amante scomoda perché, incinta, vorrebbe il riconoscimento di un legame autentico, a dispetto dell'ipocrisia e del compromesso.
In questa storia si capovolgono tutti i tradizionali parametri del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto e di quella che un tempo si definiva la"nemesi".
Come a dire che finalmente sappiamo tutta la verità del mondo com'è e come è sempre stato: una foresta selvaggia, dove può capitare che il "fato" arcaico sia coerente con i fini malvagi dell'uomo, fino al punto di dire che l'audacia nel commettere un delitto è premiata con l'impunità e addirittura con una vita serena, non turbata da alcuna coscienza, perché questa non esiste od è addomesticabile a proprio piacimento.
Questa l'idea cardine attorno alla quale ruota la storia cinematografica, povera di colpi di scena, ma ricca d'insegnamenti rovesciati.
Woody Allen non ride più sarcasticamente né satiricamente dei suoi protagonisti, li comprende e li esalta, alla fine, come la testimonianza del nulla che ci circonda.
Qui consiste il suo talento: svela una realtà diffusa e ineluttabile.
Basta guardarsi attorno e osservare il vicino di casa o l'interlocutore occasionale, per rendersi conto di quanto sia banale la chiave di lettura del mondo circostante: vivi qui e subito coltivando con ipocrisia il tuo arbitrio con il disprezzo o l'indifferenza per il prossimo:la vita è una roulette. Almeno per la maggior parte della società occidentale avanzata.

domenica 15 giugno 2008

Osservazioni brevi a Dell'Arti










Dell'Arti è il curatore del "Foglio dei Fogli", settimanale del Foglio di Giuliano Ferrara.
Ma soprattutto Dell'Arti è un brillante commentatore, che ha concluso oggi la sua settimana a "Prima Pagina" di Raitre, una rubrica di dialogo con gli ascoltatori.
Egli ha anche un suo blog sulla "Gazzetta dello sport", dove pubblica post che raramente hanno a che fare con lo sport, ma che sono sul piano della politica e del costume una fonte di riflessione critica sugli avvenimenti più importanti del momento.
Non sempre si concorda con i commentatori che stimiamo e d'altra parte Dell'Arti è un personaggio da "rissa" culturale, il quale per amore del vero non ha peli sulla lingua o ritrosìe diplomatiche: un'eccezione nel panorama di camaleonti del mondo giornalistico.

Ho fatto alcune osservazioni ad argomenti trattati nella trasmissione: intercettazioni, ici, insegnanti.

Caro Dell'Arti, per quanto riguarda le intercettazioni credo che siano troppe e costose e che non servano a molto. Gl'italiani le vogliono in maggioranza? Perchè sono, in maggioranza, pettegoli e morbosi. A Raitre Lei ha contraddetto se stesso, dicendo, da un lato, che i Comuni sperperano e rubano i soldi al contribuente e, dall'altra, che l'Ici va mantenuta. Ma la casa appartiene al privato o al pubblico? E quante tasse si pagano già per lo stesso bene? Lei pensi che per 26 (presunti) mq. di ufficio, dentro l'abitazione, pago due volte la tarsu, da single, per altrettanti 520 euro!La prego non segua anche Lei la corrente dei (finti) giustizialisti, che con le tasse hanno ridotto in schiavitù la maggior parte del ceto medio: quello che non è ricco e non lavora in nero ed è il solo a tenere in piedi questo paese.Quanto agl'insegnanti, infine, mi lasci dire (in barba alla neoministra Gelmini) che guadagnano troppo!, sia in rapporto alla preparazione, che non hanno, sia per il lavoro che non fanno.Salve e complimenti per la trasmissione (sia detto, senz'ombra d'ironia, da un lettore del fogliaccio).

sabato 7 giugno 2008

Augias e la farsa del Sacro


Nell'ultima trasmissione "Enigmi", andata in onda su Raitre, Corrado Augias, che pare vieppiù assomigliare al celebre Ridolini, attor comico del secolo scorso, ha voluto affrontare il tema del satanismo, piatto forte di qualsiasi showmen, intellettuale-scrittore- presentatore, che voglia richiamare l'attenzione del pubblico di palato facile e dalle tendenze morbose, come si addice alla moderna società di massa, tanto più incolta, quanto più credula e manipolabile.
Che Augias, al pari dei suoi colleghi di cordata presenti, dalla preistoria, nella TV giacobina della terza rete, abbia come missione ben remunerata (dai contribuenti) quella di manipolare le folle teledipendenti, ormai è chiaro perfino ai bambini.
Negli ultimi tempi, si è acceso a comando un nuovo interesse per la pseudo-religione e, traendo spunto dai numerosi fatti di cronaca nera, in cui si mescola la criminalità comune con sette diaboliche di vario tipo, qualsiasi imbonitore televisivo si lancia a testa bassa, per cogliere furbescamente qualche risultato nella battaglia quotidiana, che i vecchi militanti della gauche di piazza e di governo, continuano a sostenere contro la Chiesa cattolica, simbolo di tutti gli oscurantismi, di ieri, di oggi e di domani.
Da laici non laicisti avremmo pensato ad un'inchiesta obiettiva che mettesse a fuoco il problema, certamente grave, separando i fatti dalle opinioni, come regola d'oro dell'informazione. Ma siccome in Italia, la fazione deve conquistare consensi per il bene della causa, ecco che si rimescolano le carte, non tanto per rendere un servizio al pubblico, quanto per orientarlo verso il pregiudizio marxleninista o neopositivista, atto a smantellare la "Reazione in agguato", da sempre annidata nelle schiere vaticane. Sicché si è organizzata una tavola rotonda, nella quale il posto minoritario doveva necessariamente spettare al sacerdote di turno, perché potesse apparire chiaro a tutti qual è il vero errore d'impostazione ideologica, contornandolo di personaggi, ormai da rotocalco, o utili idioti, o quinte colonne, per accreditare le tesi più funzionali alla critica demolitrice dell'Istituzione religiosa.
Nella passerella dell'ultimo spettacolino organizzato dal volpino Augias, anch'egli misuratosi con il cristianesimo giallo o noire, come va di moda adesso, scrivendo un'Inchiesta su Gesù dall'esito quanto mai incerto, sono sfilati dunque, oltre al Don Aldo (prete benemerito nel sociale, per la lotta alle sette sataniche, con la sua meritevole organizzazione della quale non possono parlar male neppure i più accaniti anticlericali), il filo-plagiatore radical chic Umberto Galimberti ed il neo-teologo presenzialista,Vito Mancuso (unico intellettuale ammesso nei buoni salotti teleprogressisti, dopo il battesimo ottenuto con Otto e mezzo, circa un anno fa, per il best-seller, in lieve odore d' eresia, dal titolo "L'anima ed il suo destino"), oltre ad un onesto investigatore privato, collaboratore delle forze dell'ordine,ma di scarsa influenza per la formazione delle idee.
Le quali, viceversa, nell'intento di Corrado "Ridolini" dovevano essere elargite a piene mani del duo Umberto-Vito, i veri maitre à penser della situazione, probabilmente uniti nel comune disegno di realizzare un accordo secolare di stampo teo-scientista. A contenere le interpretazioni passatiste del sacerdote circa il maligno, il diabolico, le possessioni ed i delitti di setta, ci ha pensato il moderatore, pronto ad interrompere qualsivoglia ragionamento politically incorrect, minacciando la scarsità di secondi a disposizione dell'interlocutore impertinente, mentre a straparlare dell'immaginifico binomio "Sacro e Follia", che la Chiesa di Roma trascura costantemente di combattere (sic!), avendo come interessi prevalenti temi minoritari e moralistici, provvedeva l'illustre semiologo Galimberti, mescolando allegramente il mito di Dioniso con il male del mondo,ricollegando, non si sa bene come e perché, alla pazzia del nostro tempo la sacralità, non relegata, nella sfera ad essa precipua, dalla classe ecclesiastica, disattendendo così i propri compiti(! ? !)sia mondani che ultramondani.
Orbene, se la trasmissione ha sortito un effetto, non pare sia stato quello propostosi dall'ineffabile conduttore, il quale, un po' insoddisfatto in chiusura, ha tentato disperatamente di ottenebrare almeno il termine "Spirito Santo" ostinatamente innalzato come un vessillo crociato da un Don Aldo pervicacemente legato a doppio filo all'ortodossia della propria fede.
Invano l'anchormen, un po' comicamente, rimproverava al Prof. Mancuso di non aver adeguatamente difeso il neologismo teleogale, consistente nella parola pittoresca e taumaturgica "Energia", evidentemente ritenuta, nella sua alternatività, più consona alla tutela dell'ambiente razionalista e più promettente per i fautori della"Religione fai da te", la sola ammissibile per il pensiero unico della sinistra fondamentalista.
P.S.
Al Prof Galimberti suggeriamo di attingere per le prossime performances, scritte o parlate, dal libro di Mircea Eliade "Il sacro ed il profano". In esso troverà, forse, la spiegazione della follia e dei crimini delle sette, frutti perversi di un mondo desacralizzato.

giovedì 5 giugno 2008

La rinascita spirituale

In occasione dell'ottantaduesimo della nascita di Elémire Zolla, si terrà nel Montefeltro, in località Pietrarubbia, ridente cittadina della provincia di Pesaro - Urbino, ad un tiro di schioppo da S. Marino, un interessantissimo convegno sul tema della rinascita spirituale in Italia e del fondamentale contributo dato in tal senso dal grande studioso e pensatore, indagatore profondo del misticismo occidentale ed orientale, scomparso nel 2002, con un lascito d'idee, ancora fertili e tuttora al centro di lucide riflessioni e di proficue ricerche.

Presso il Castello, il 7 giugno ci sarà una giornata intera dedicata all'argomento, con interventi di qualificati relatori, provenienti da varie università, italiane e straniere, coordinati dalla Prof. Grazia Marchianò, moglie dell' autorevole saggista ed amorevole curatrice dell'opera di Zolla.

Nella circostanza, si riproporranno alcune significative conversazioni televisive dello scrittore, in modo da presentare al pubblico una sintesi efficace delle sue valutazioni, una summa della sua visione del mondo e dell'essere.

Saranno presentate inoltre le ultime ristampe di alcuni suoi libri ed articoli, fra i quali meritano particolare attenzione quelli apparsi sulla preziosa rivista "Conoscenza Religiosa", di cui fu direttore apprezzatissimo ed insostituibile, e l'ultima edizione di "Potenze dell'Anima", un caposaldo della sua lussureggiante
meditazione sull'io universale, con l'introduzione, imperdibile per acutezza e profondità, della stessa Grazia Marchianò, estetologa ed orientalista di chiara fama.

Chi può trascorrere un week- end culturale di livello elevatissimo, immerso nella bellezza della natura, non perda questa felice e, per molti aspetti, unica opportunità di arricchimento intellettuale.
Ne tornerà rigenerato e pronto ad affrontare le meschinità del quotidiano.

Mi piange il cuore di non poterci andare.

Ma spero vivamente che il tema dell'incontro fruttifichi un po' ovunque.

martedì 3 giugno 2008

L'impresa del Ministro


Alberto Mingardi plaude al piano del Ministro per la Funzione Pubblica che si ripromette di risparmiare 40 miliardi dal suo piano di ammodernamento dello Stato con i tagli dei rami secchi e l'introduzione di criteri di efficienza privatistica.


Egli scrive:"Sulla riforma della pubblica amministrazione, si vedrà quanto è un mito, e quanto invece triste realtà, l'ipotesi di lavoro della irriformabilità dell'Italia. Non c'è settore in cui il cancro italiano sia pronunciato e grave quanto la pubblica amministrazione. La malattia dell'Italia è lo Stato. E purtroppo non è da altrove rispetto allo Stato che possa cominciare la guarigione".


Sono toto corde convinto della necessità di attuare il progetto di riforma del neo-ministro.


Superfluo, quasi, ripetere che in Italia c'è troppo statalismo, senza un minimo ormai di senso dello Stato, di quel che un tempo era il principio irrinunciabile per ogni suo servitore piccolo o grande che fosse, costituito da un patrimonio di regole rigorose e di uomini dai comportamenti ineccepibili, vago ricordo dell'Italia post-risorgimentale.


Temo però che l'esimio Prof. Brunetta si troverà a mal partito senza supporti "culturali" adeguati ed un'univoca volontà di Governo.


Le sue esperienze in campo privato e nell'ambito dell'Università non bastano.


I Ministeri (per non parlare delle Regioni e degli altri Enti locali: ma andiamo per gradi...) sono uno Stato nello Stato ed occorre una vera rivoluzione reganiana per smantellare privilegi, sinecure, incrostazioni corporative e cominciare a riformare sul serio, cioè dalle fondamenta, la pubblica Amministrazione, divenuta terra di conquista della partitocrazia ormai da decenni.


Il Ministro scelga, per ogni settore, un dirigente di fiducia, che conosca la macchina del proprio dicastero e sia disponibile a collaborare per mutare radicalmente la situazione.(Non m'illudo che ci siano tanti Bertolaso, ma persone dello stesso stampo, a cercare bene, credo se ne trovino).
Inoltre non si accontenti della "facciata".

Di false liberalizzazioni ne abbiamo avute fin troppe, a cominciare dalle Poste, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Nel contempo predisponga una strategia a lungo termine, che preveda, la nascita di un soggetto come L'ENA francese,un'apposita scuola formativa e selezionatrice per i futuri dirigenti o manager pubblici.
In Italia, nonostante imperfezioni e lacune,ed il degrado generale, ancora funzionano i Seminari dei religiosi e le Accademie militari, che costituiscono ancora un'accettabile modello per ridare senso compiuto alle Istituzioni, una volta liberate dalla burocrazia e dal sovraffollamento.
Un'impresa difficile ed ardua, irta d'ostacoli e di tranelli, ma coraggio Prof. Brunetta!

lunedì 2 giugno 2008

La Repubblica dei Vip


La visione dei giardini del Quirinale, inondati da uno splendido sole ha dato l'idea di una Repubblica rappresentata da 2500 vip: tanti erano gl'invitati a numero chiuso chiamati a partecipare alla festa dal Presidente Napolitano.Volti noti delle istituzioni e del parlamento e purtroppo della televisione di stato e no.


Questo vuol dire che siamo anche e soprattutto una mediacrazia, nel senso che quello che una volta si chiamava il quarto potere, adesso con l'avvento della mass mediologia è diventato il primo o il secondo in ordine d'importanza e d'influenza.


Ma questo comporta anche come conseguenza la vittoria della mediocrazia, cioè della mediocrità non aurea ma d'infimo livello.


Ragioniamo: se oggi la De Filippi può riempire le piazze simboliche o reali ed avere un seguito di consensi che attraversa tutte le età e può predicare a piacimento il proprio verbo scuotendo la propria testolina con gravità e compunzione come se stesse annunciando al mondo la verità della condizione umana in concorrenza con il santo pontefice, vuol dire che conta quanto e più del capo della chiesa di Roma, almeno in Italia. E dunque perché lei e gli altri videocrati non dovrebbero essere invitati al Quirinale?


Tra gli ospiti illustri, nella rapida carrellata delle telecamere, infatti abbiamo intravisto il sorrisino melenso di Floris, quello che inaugura e termina le sue serate al gridolino di alé, dopo aver impartito magistrali lezioni di filosofia morale ai propri ospiti nel segno di Ballarò.


E poi ci meravigliamo che a Napoli non si riesca a fare un passo avanti sulla strada delle discariche?