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'Io stesso sono un anarchico ma di un tipo diverso'

Mahatma Gandhi

mercoledì 1 luglio 2009

Porto Rotondo ed il suo YCI

E' un vero peccato che sia andata a fuoco la sede dell'yci di Porto Rotondo, uno dei simboli della località fondata dai fratelli Donà Delle Rose.



La prestigiosa costruzione, tutta in legno, sul modello di un analogo manufatto di Newport, dai colori bianco-celesti, dava il benvenuto a tutti i diportisti, all'ingresso del porto turistico, unitamente a due preziose colonne romane - vestigia antiche per un insediamento moderno, dotato di tutti i confort, dotato di equilibrate prospettive architettoniche vagheggianti la laguna di Venezia, patria dei due fratelli, irriducibili amanti del mare.



Centinaia di manifestazioni sportivo-mondane, premi e celebrazioni di rilevanza internazionale, davano al pregiato manufatto il carattere del cuore autentico dell'elegante borgo sardo-veneto.



Un banale incidente è stata la causa dell'incendio, che ha decapitato il fabbricato, per un danno complessivo di un milione di euro.



Dopo la violazione voyeristica e barricadera di Villa Certosa, ecco un altro 'vulnus' portato al mito della Costa Smeralda.



Sembra quasi la fine di un'epoca, già segnata dal passaggio di testimone dal principe ismaelita cultore di bellezza, al filocapitalista americano Tom Barrack.



Lo yci portorotondino era uno dei vecchi baluardi dell'estetica al servizio del turismo qualificato e rispettoso della natura, in un periodo in cui cominciavano ad affacciarsi i primi condomini dei multicostruttori romani.



Ora che avverrà?



La ricostruzione è prevista presumibilmente con le stesse caratteristiche.



Ma, ci domandiamo, lo spirito originario della Costa, quella magia voluta dall'Aga Kan e da imprenditori con il gusto artistico, desiderosi di un'architettura inserita nella natura, e la gente rispettosa del silenzio, del bello, del mare, del vento, dei fiori variegati e della meravigliosa macchia mediterranea, quello potrà mai ritornare?




C'era una volta il play boy

Con la consueta 'nonchalance', Bruno Vespa ha voluto celebrare i fasti degli anni sessanta, ricordando figure femminili, che non avevano bisogno della 'rivoluzione femminista' per imporsi e divenire modelli ammirati da parte della società del tempo.

Brigitte Bardot e Catherine Spaak, che seguivano a ruota l'Anita Eckberg della felliniana 'Dolce Vita', spopolavano sulle pagine dei rotocalchi, al cinema e alla televisione con i loro numerosi flirt e matrimoni, atteggiamenti anticonvenzionali e liberi.

Stranamente era quello anche il tempo dei 'play boy'.

Con un pizzico di orgoglio nazionale, le folle plaudivano alle conquiste di Gigi Rizzi, seduttore impenitente, passato alla storia come il più veloce conquistatore della celeberrima BB.

Intervistato dall'ineffabile mattatore di' Porta a Porta', egli ha commentato il suo rapporto breve, ma intenso, con l'affascinante diva francese, scendendo, ma non troppo, in qualche particolare piccante.

Uomo maturo e personaggio inimitabile legato ad una fase della storia nazionale, nella quale la 'leggerezza dei costumi' faceva discreto ed elegante ingresso nella vita italiana ed europea, limpido esempio di un sano ed equilibrato edonismo epicureo, Gigi appare ora l'immagine dell'ultimo uomo latino, prima della devastazione della figura del' lover' da parte del sessantotto.

Sembrano passati secoli e certamente oggi c'è chi arriccerebbe il naso a sentirgli raccontare le gesta da don Giovanni, con la sua profonda considerazione della donna e delle sue qualità di creatura semidivina.

Roba ormai superata dalla parità dei ruoli, dalla caduta della libido, dal rampantismo di veline ed escort.