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'Io stesso sono un anarchico ma di un tipo diverso'

Mahatma Gandhi

venerdì 20 giugno 2008

Asinocrazia









Ogni tanto mi soffermo a guardare qualche sito o blog gestito da docenti dell'Università. E devo dire che, a parte qualche lodevole eccezione, c'è un triste spettacolo davanti agli occhi di chi mantiene il culto della conoscenza e del sapere, a causa dell'impressione assai poco gradevole, che si trae dagli argomenti trattati e dal modo di esporli.
La sensazione è quella di una sciatteria presso che uniforme e di una banalità così grave da rimanere esterrefatti.

Mi ero illuso, fino a poco tempo fa, che l'ambiente universitario, nonostante le forti immissioni di personaggi ambigui e di traballante competenza, conservasse un ceto insegnante degno di rispetto.

Invece mi accorgo, ad ogni pie' sospinto, che l'asinocrazia ha fatto passi da gigante, conservando del passato solo le bardature retoriche e decadenti e le baronie, per le quali vale sempre la regola della lotta al coltello, favorita dalla lottizzazione partitocratica. Non c'è nemmeno il gusto di sbeffeggiarli questi insegnanti, tanto in basso è caduta la figura, un tempo, aureolata del sapiente per eccellenza.

Una volta, a tirar sberleffi contro un Ugo Papi, emblema del professore satanico e reazionario, arroccato nella torre eburnea del potere cripto-fascista, c'era almeno da cogliere, nel viso del personaggio contestato, un lampo di austera dignità, finita ormai nel nulla dell'anonimìa imbelle, partorita dal sistema livellatore della pseudo- democrazia.
A parte i Piperno, i Negri e non so chi altro sia giunto in cattedra, grazie agli esami collettivi e alle autoproclamazioni dei trenta e lode, si deve però constatare come anche la classe di docenti venuta su con selezioni e concorsi, modulati dalla cooptazione e dal comparaggio, con lo scambio di favori mafiosi, è quanto di più deprimente e narcisistico, presuntuoso e vacuo possa generare il virus della mediocrità e del pressapochismo.

Già alcuni anni fa mi meravigliai della proposta fattami da un rettore di tenere alcune lezioni in una disciplina, che praticavo da tempo e per la quale avevo maturato esperienza professionale specifica. Mi chiesi se ciò sarebbe stato possibile quando ancora i prof erano poco più di semidei pronti ad assidersi nell'olimpo di un qualsivoglia ateneo di provincia. Poi mi dissi che forse alcune materie mancavano d'interscambio tra pratica e dottrina, come invece sarebbe auspicabile per ogni branca dello scibile e di qui l'esigenza dell'interrelazione. Sul momento, ne fui lusingato, ma, dopo, a ben vedere, mi accorsi che tra coloro, che approdavano al ruolo di Preside di facoltà, ve n'erano alcuni già conosciuti come puri e semplici fuoricorso.
Approfondendo le conoscenze e frequentando certi esemplari della fauna universitaria, mi sento deluso e disincantato.
In questo settore, come in tanti altri dell'apparato pubblico, c'è solo una generale clima di disarmo intellettuale, e pare un miracolo incontrare ancora, di tanto in tanto, valide personalità, persone dalla testa lucida e pensante, che meritatamente godono di stima anche all'estero.

Nonostante questo, vale sempre la pena di ricordare l'epoca orgogliosa in cui, senza mezzi né supponenze, impartivano lezioni eminenti ed incoraggiavano le più alte speculazioni pensatori della tempra di Abelardo con il suo scelto e spontaneo seguito di attenti e curiosi clerici vagantes.

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