Stento a credere che dalla discesa in campo dello scrittore popolare Antonio Pennacchi risulti sconfitta la rivoluzione liberale intesa nel senso più ampio del termine.
La conferenza stampa è stata una sorpresa, in parte annunciata, ma sicuramente esplosiva.
E giù, a questo punto, interpretazioni ed illazioni per capire di quale esperimento politico si tratta in realtà.
Un ballon d'essai, lanciato per richiamare l'attenzione sui possibili equilibri futuri fra destra e sinistra? Una resa dei conti tra governo e oppositori moderati o lotta aperta e senza quartiere all'attuale assetto politico-istituzionale?
Difficile dirlo.
Il richiamo allo Stato con la S maiuscola dell'intellettuale-operaio fasciocomunista evoca uno scenario liberal fascist più che liberale in senso stretto e neo-conservatore europeo.
Ma è pur vero che i richiami all'eguaglianza e alla giustizia sociale possono essere compatibili con l'economia sociale di mercato e la meritocrazia legata all'eguaglianza delle opportunità, un principio-cardine della libertà degli individui intesi come membri di una comunità.
Il romanziere è molto diretto e per questo coinvolgente, spariglia tutte le carte, anche se ha un'ingenua fede nella rifondazione della Repubblica in senso unitario, con radici nel senso della nazione.
Da uomo di sinistra, quale lo si è ritenuto (sbagliando) comunemente, non si preoccupa d'infrangere schemi e luoghi comuni e di criticare l'attuale assetto di potere fondato sulla partitocrazia ed il privilegio di pochi.
Insomma si è speso con generosità per illustrare all'opinione pubblica il progetto di una rivoluzione legata al popolo, una visione, secondo il suo parere, che accomuna don Camillo e Peppone.
Chi vede i guasti dello statalismo e della burocrazia, fa fatica a credere che la riforma dell'ordinamento porti a risultati migliori di oggi, anche con una classe dirigente nuova e selezionata sulla base dell'etica, laddove s'imponga il predominio della sfera pubblica.
Sarebbe meglio, oggi, fare riferimento alla moderna società civile, al mondo del volontariato, alle comunità intermedie, come contrappeso allo stato e alle istituzioni, che dovrebbero occuparsi correttamente e bene di alcuni settori strategici della vita nazionale e, soprattutto, far rispettare seriamente le regole ai vari soggetti protagonisti della civile convivenza.
Comunque sia, occorre aspettare per capire se finalmente la fantasia (non utopica ma realizzabile) potrà governare ed imporre da Latina quel rinnovamento auspicabile per l'intero paese.
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