Mi pare che Giorgio Voghera ( l’autore del famosissimo Anonimo triestino, il romanzo pubblicato nel 1961 da Einaudi), peccasse di eccessivo pessimismo, nel lamentarsi della scarsa efficienza degli impiegati pubblici, forse perché affascinato, come tutti noi, dal mito di Trieste mitteleuropea.
Uno studio serio porterebbe a concludere, invece, che dal post-risorgimento fino al secondo dopoguerra, lo sforzo costante delle classi dirigenti del nostro paese si sia volto a diffondere un concetto di burocrazia legato al senso delle istituzioni e che con l'8 settembre e la nascita della Repubblica, via via nel tempo, con il predominio dei partiti e infine la loro conquista, per espropriazione, dello stato, quella particolare categoria di funzionari al servizio dell'interesse generale (termine abusatissimo, ma con un suo preciso significato ed una concreta connotazione storica) si sia dispersa quasi del tutto, cagionando il marasma attuale della pubblica amministrazione che, con la giustizia, costituisce ormai il male del paese ed una costante emergenza.
In un memorabile articolo sul Corriere di qualche anno fa, Galli della Loggia, probabilmente sotto l'influsso di Renzo De Felice, constatava amaramente che fino agli anni sessanta permaneva ancora un certo senso dello stato che percorse l'Unità d'Italia anche durante il fascismo, sancendo la fine della burocrazia intesa nel suo miglior senso sul modello asburgico o anche piemontese.
Ed era vero, alla luce della distruzione attuale dello stato.
Nessun commento:
Posta un commento