Tramontati i tempi degli eroi romani, risorgimentali e della grande guerra; ripudiati tutti quelli che furono innalzati sull'ara della patria durante il ventennio, insufficienti quelli resistenziali, logorati dall'indifferenza anti-retorica del regime democristiano e catto-comunista e dal successivo revisionismo storiografico, siamo arrivati a fare tabula rasa della categoria, inquinando spesso e volentieri il significato originario di questo termine, già tenuto in grande sospetto da intellettuali sessantottini e filo-marcusiani.
Siccome alle sorprese non c'è mai fine e, bene o male, ai miti della musica e del cinema era necessario affiancare qualche personaggio di maggior spessore nel rappresentare il costume della nostra terra, a qualcuno è venuto in mente, non molto tempo fa, di sparigliare del tutto il campo, andando a cercare i propri elevati riferimenti nazional- popolari in terreni accidentati e ancora inesplorati sulla strada del capovolgimento dei valori del passato.
Venne in testa al funambolico e creativo Marcello Dell'Utri, non si sa bene perché, andare a cercare nelle stalle di Arcore la figura che meglio potesse impersonare l'eroe contemporaneo, libero da pregiudizi e luoghi comuni, spoglio delle armature soffocanti della tradizione.
L'ineffabile senatore, noto intellettuale controriformista, organizzatore culturale
dei circoli del buongoverno, scoprire di documenti inediti, bibliofilo e raffinato umanista, implicato in storie di mafia dai contorni oscuri, in puro stile neo-classico, attribuire, fin dalle prime battute del processo a proprio carico, a Vittorio Mangano, l'uomo che sussurrava ai cavalli parole in codice mafiologico, l'attributo di eroe (o quasi).
Anche con quel 'quasi', semplicemente apposto per pudicizia, lo scudiero della Brianza è assurto quindi all'Olimpo dei simboli del coraggio e della lealtà, del disinteresse e dell'attenzione al bene comune, servendo un'organizzazione seria e disciplinata come 'Cosa nostra'.
Tant'è.
Nel processo d'appello testé conclusosi a Palermo, l'ex dirigente di Publitalia ed attuale rappresentante in senato del pdl, pare abbia confermato la propria opinione su Mangano, ignorando totalmente quanto disse di lui Paolo Borsellino, indicandolo come una delle teste di ponte tra la mafia siciliana e le industrie del nord, allo scopo di favorire i traffici più loschi.
Il prossimo 19 luglio si celebrerà l'anniversario della strage di Via d'Amelio, nella quale perse la vita, abbandonato dalle istituzioni, il magistrato siciliano sempre in prima linea contro i mafiosi di grosso calibro e la rete politico-affaristica che li sosteneva.
Quale modo migliore, per sottolineare l'evento, che cambiare il nome della Via dove morirono gl'ingenui servitori dello Stato in ''Via Vittorio Mangano (Eroe)'' ?
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