Caro Prof Cardini,
in un recente editoriale, assai interessante ed articolato, nel quale Ella analizza la funzione dello storico e la interpretazione della storia, secondo coordinate filosofiche e religiose, dandoci una magistrale lezione civile, pone il finale quesito se sia possibile, sul piano intellettuale ed operativo, essere, al tempo stesso reazionari ed eversivi, ed anche nihilisti e provvidenzialisti insieme, sfidando in questa singolare tenzone chiunque voglia contraddirla od argomentare in senso contrario al suo.
Il principale protagonista di questa, apparente o no, ma singolare posizione è naturalmente Lei, un maestro di dialettica, un uomo di vastissima e profonda cultura, il quale da tempo ormai ha il pervicace interesse a comporre tra loro tesi contrastanti o antitetiche in una visione del mondo definibile, se mi consente, semplicemente ossimorica.
Mi guardo bene dall’avversare la sua tesi, essendo abituato alle sue fruttifere speculazioni, cambi di campo di battaglia, opinioni anticonformiste, tese ad abbattere gli idola contemporanei, a distruggere i più insulsi luoghi comuni, a difendere le retrovie del sapere senza aggettivi, libere dalle malefiche ideologie novecentesche, per lanciarsi in ammirevoli attacchi donchisciotteschi contro i vincitori di eri e di oggi, nel segno di ideali verdeggianti di giustizia, senso del sacro e solidarietà umana, riscatto dei poveri e dei deboli.
Mi ha peraltro, allo stesso tempo, indignato ed attratto la Sua interlocuzione nel recente incontro tra il Papa e Fidel Castro, il quale, forse afflitto da potenti sensi di colpa dopo il fallimento del proprio disegno politico, chiede consigli a Benedetto XVI sui libri da leggere, durante il percorso che gli resta ancora da compiere fino all’aldilà, e la Sua più che benevola interpretazione, in termini di parabola evangelica, del celebre libro di uno scrittore laico come Hemingway, a lungo frequentatore appassionato di Cuba e dei cubani, intitolato ''Il vecchio ed il mare'', apologo dell’invincibilità di alcuni uomini, dotati di forza e di carattere, da ritenersi comunque vincitori nonostante le sconfitte, grazie al loro invitto impegno e la indefettibile coerenza con le proprie idee, nel corso della loro esistenza.
In linea di principio come non concordare?
Nelle vicende umane, magari familiari, alla luce della storia, o di personali ricordi, ci è dato constatare che uomini di carattere, dalla personalità esemplare, nonostante debolezze, difetti, vizi ed errori, sono ascesi comunque nell’olimpo dei valorosi, pur essendo sconosciuti ai più, magari gente di umile origine, come il pescatore immortalato dal grande Ernst.
Ma sul piano politico, siamo proprio sicuri che l’equazione abbia la stessa valenza, lo stesso significato?
Mi consenta di dubitare fortemente dell’assioma (avvincente ma fasullo) che cristianesimo e marxismo (nelle sue varie salse) possano equivalersi e risultare alla fine due facce della stessa medaglia contro il comune nemico liberal liberista ed individualista.
E’ una tesi che non da oggi nelle sue polemiche antiamericane non mi ha mai convinto del tutto.
Io ho sempre pensato con umiltà che il cristianesimo, a coronamento della civiltà greco-romana, fosse l’apoteosi della persona umana, considerata nella sua individualità, e che le battaglie della chiesa contro lo strapotere dello stato anteponessero proprio il singolo alla forza spesso ingiustificata del potere.
Non ho mai creduto che libertà individuale e bene comune fossero confliggenti ed ho reputato lo spirito giacobino, figlio del terrore rivoluzionario, il padre delle violenze sanguinose, che hanno imbrattato di vergogna e contraddistinto le malvagie ideologie del secolo scorso, considerando i cittadini solo dei numeri di fronte alla idolatrica supremazia della nomenklatura o della politica.
Ci sono affinità e parentele innegabili tra cristianesimo e liberalismo, di cui Ella non pare voler assolutamente tener conto: letteratura scientifica, teorie economiche, saggi di filosofi e studi di teologi indirizzano verso un giudizio diverso dal Suo, troppo consenziente verso le posizioni cosiddette post-comuniste, autoassolventesi da tutti gli orrori del passato, nel segno della supposte idealità contenute nella pura dottrina.
Perché ammantare di nobiltà presunte (e tutte da verificare) le azioni politiche delittuose, ignare della supremazia dell’uomo, del singolo componente della comunità, dell’individuo, del cittadino, di ciascun membro della società civile, deliberatamente sottoposto al volere e agli abusi del Leviatano?
In nome di tragiche utopie, di fanatismi dissennati, non è stato annientato il senso del sacro e con esso il rispetto per le persone, ridotte ad insetti e calpestate nella loro dignità, soppresse della vita stessa?
Caro Prof, mi chiedo se non sarebbe il caso di riflettere più a fondo su questi temi cruciali, prima di distribuire generosamente patenti di valore a quanti sono stati irriducibili nemici della libertà individuale e collettiva?
Essere reazionari ed eversivi o nihilisti e provvidenzialisti, probabilmente, è un falso dilemma di fronte alla complessità dell' universo e ai valori a cui riferirsi nel proprio cammino umano.Ma il problema della tirannia sotto i vari regimi totalitari, nelle false democrazie, nella dittatura della maggioranza o del pensiero unico, rimarrà fondamentale nelle scelte di ognuno di noi.
Scriveva saggiamente E. Junger e le sue parole suonano profetiche e restano pietre miliari all'esclusivo servizio della verità:
” Ecco perché i tiranni hanno paura. Possono ridurre all'obbedienza milioni di uomini, ma non quell'uno che in sé ha ridotto in schiavitù la morte. Egli ristabilisce la dignità dell'uomo.”